Il clima “spacca” la Toscana del grano duro in due. Stime al ribasso per la produzione di grano duro che dovrebbe ridursi quest’anno del 20% a livello regionale con differenze, anche sostanziali, tra la parte Sud, maremma, aretino e livornese in particolare, dove le aspettative sono per rese superiori, e la parte Nord, Pisa, Lucca e Pistoia dove, al contrario, le abbondanti precipitazioni tra novembre e dicembre hanno reso complicato rispettare i programmi di semina con gli agricoltori che ora puntano a recuperare il terreno perso con varietà primaverili come il girasole, la soia, il mais ed il sorgo. A fornire una prima stima ad un mese dalla trebbiatura sono Coldiretti Toscana e Consorzio Agrario del Tirreno – Consorzi Agrari d’Italia. Lo scorso anno in Toscana si sono raccolti poco meno di 2 milioni di quintali di grano a fronte di 63 mila ettari di superfici coltivate.
L’exploit della passata annata cerealicola con l’aumento delle superfici coltivate (+6%) dopo un lungo periodo di progressive riduzioni, 10 mila ettari in meno in un quinquennio, aveva fatto sperare in un risveglio del granaio regionale anche sulla forte spinta dei contratti di filiera che garantiscono quotazioni sicure agli agricoltori. Ma a tagliare le “gambe” ci si è messo ancora una volta il clima. “Prevediamo buone rese nella fascia che da Livorno va fino in Maremma che non sono state interessate dalle persistenti piogge tra ottobre e dicembre che hanno reso invece nella parte nord della regione impossibili lavorare i terreni e seminarli. – spiega Fabio Lombardi, Direttore del Consorzio Agrario del Tirreno – Rispetto allo scorso anno gli eventi climatici si sono invertiti: le semine erano avvenute nei tempi ma a rovinare tutto era stata la pioggia tra maggio e giugno che aveva abbassato le rese e favorito lo sviluppo di fitopatie. I cambiamenti climatici hanno avuto, negli ultimi anni, un ruolo determinate nei programmi degli agricoltori che hanno dovuto fare i conti anche con costi di produzione schizzati alle stelle”.
L’altro elemento che ha creato crepe nella fiducia dei cerealicoltori è l’invasione di prodotto straniero che contribuisce a far crollare il prezzo del grano creando storture lungo le filiere dove un chilo di pasta può arrivare a costare anche due euro al chilogrammo a fronte di 30 centesimi riconosciuti agli agricoltori. A rinforzare questa tesi l’arrivo in Italia nel 2023 di quasi 900 milioni di chili di grano russo e turco, un’invasione mai registrata nella storia del nostro Paese, secondo l’analisi del Centro Studi Divulga. Un vero e proprio fiume di prodotto che, aggiunto a quello di grano canadese, arrivato a superare il miliardo di chili, ha impattato sui prezzi del grano nazionale. Si tratta peraltro, come nel caso del Canada, di cereale trattato in pre raccolta con il glifosato, una modalità vietata nel nostro Paese. “Occorre lavorare uniti per pretendere dal prossimo parlamento UE una etichetta di origine per tutti i prodotti alimentari comunitari e dire basta alla concorrenza sleale introducendo con decisione il principio di reciprocità per fare in modo che tutti i prodotti che entrano nell’Unione rispettino gli stessi standard dal punto di vista ambientale, sanitario e del rispetto delle norme sul lavoro previsti nel mercato interno anche alla luce degli accordi di libero scambio in discussione. – spiega Letizia Cesani, Presidente Coldiretti Toscana – Il grano è un prodotto-driver delle filiere della pasta, un alimento per noi italiani immancabile sulle tavole, che dobbiamo tornare a produrre riconoscendo un prezzo giusto ai nostri agricoltori che non deve mai essere al di sotto dei costi di produzione così come previsto dalla legge contro le pratiche sleali da noi voluta”.
Proprio per far fronte alle oscillazioni dei prezzi di mercato e tutelare gli agricoltori Consorzi Agrari d’Italia ha messo in campo contratti di filiera e future sul grano, oltre ad importanti investimenti in ricerca. Gli accordi, stipulati tra gli agricoltori e Cai garantiscono un premio all’agricoltore che può arrivare – sul grano duro – anche all’8% in più rispetto al prezzo di mercato. Il modello da seguire è quello dell’accordo siglato nel 2019 tra Filiera Agricola Italiana ed il Pastificio Fabianelli di Castiglione Fiorentino (AR) per la produzione di pasta al 100% toscana che assicura agli agricoltori un prezzo minimo garantito che si trova sempre al di sopra dei costi di produzione. E recentemente quello sottoscritto con lo storico Pastificio Chelucci di Pistoia che valorizza il grano Made in Maremma.