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16 Settembre 2014
PIANO PAESAGGISTICO. PARLA CARLESI

“Siamo come quei soldati che sulla linea del Piave hanno difeso l'Italia quando le sorti della Prima guerra mondiale sembravano infauste. I vincoli presenti del Piano paesaggistico (Pit) mettono a rischio la permanenza stessa del tessuto produttivo vivaistico limitandone lo sviluppo e questo rappresenta una seria minaccia anche all’occupazione, sono a rischio oltre il 60% dei posti di lavoro diretti e indiretti. Senza una revisione completa del Pit non saranno i tanti finanziamenti, che potrebbero arrivare, a risollevare il vivaismo pistoiese, che colora e rende ricca la piana pistoiese”.
La valle delle piante in provincia di Pistoia realizza oltre il 40% della produzione nazionale di piante ornamentali, 1500 aziende e 5500 addetti diretti che diventano 10000 con l'indotto. Una storia iniziata oltre un secolo fa e proseguita grazie ad innovazioni continue. Che oggi sono orientate all'ecosostenibilità, ambientale ed economica. “Le due cose si tengono, non si preserva in eterno il paesaggio se non c'è un'attività economica che produce utilità. A Pistoia abbiamo sviluppato un modo bello di fare impresa: producendo piante: 5000 ettari di colture che restituiscono ossigeno e occupazione”. Una cintura di verde attorno a Pistoia, Quarrata, Agliana, Serravalle Pistoiese che lo stesso Piano paesaggistico della Regione auspica si sviluppi in altre aree”.
Il piano paesaggistico offre spunti e consigli, strade che il vivaismo ha già intrapreso. Anche perché è il mercato “che ci chiede piante certificate”. E oggi un quarto delle superficie vivaistica del distretto pistoiese è già certificato o è sulla via della certificazione 'verde' secondo i rigorosi criteri della MPS (Milieu Programma Sierteelt), il programma ambientale per la coltivazione di piante ornamentali (che non è il solo). “Ma non si può da un lato definire la piana pistoiese come zona vocata (legge sul vivaismo), e dall'altra produrre un documento che tratta la coltivazione di piante ornamentali come attività non agricola e accusando chi cura il paesaggio di deturparlo”.

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